sabato 7 giugno 2008

500.000 italiani lottano contro le aritmie

Con piu' di mezzo milione di Italiani che combattono contro il ritmo cardiaco anomalo e circa 60.000 nuovi casi all'anno nel nostro paese, la fibrillazione atriale e' la forma piu' frequente di aritmia riscontrata nella pratica clinica, che colpisce a livello internazionale circa il 6% delle persone con eta' superiore ai 65 anni e che registra un'incidenza proporzionale all'aumentare dell'eta'.
Battito accelerato, palpitazioni, mancanza di fiato, dolore al petto, capogiri, fino a sensazioni di svenimento: per la fibrillazione atriale la prevenzione si conferma fondamentale. Queste le indicazioni dello studio GISSI AF, il primo e il piu' ampio studio internazionale nella prevenzione delle recidive per fibrillazione atriale, condotto in Italia dal gruppo GISSI, con la collaborazione dell'ANMCO e dell'Istituto Mario Negri e con il supporto di Novartis.
La fibrillazione atriale e' una tra le patologie piu' temute, perche', se associata ad altre patologie cardiache, puo' rivelarsi fatale, determinando ictus o embolie periferiche. Il Gruppo GISSI ha seguito per un anno oltre 1.400 pazienti affetti da fibrillazione atriale, in associazione a patologie cardiovascolari gia' note o fattori di rischio come ipertensione o diabete, coinvolgendo 114 centri cardiologici italiani. Obiettivo dello studio era valutare se l'aggiunta di valsartan al trattamento standard, in questa specifica popolazione di pazienti, riducesse la ricorrenza di fibrillazione atriale.
E' stato scelto valsartan, il sartano piu' studiato con oltre 100.000 pazienti coinvolti in grandi Studi internazionali, perche' ha dimostrato di prevenire significativamente l'esordio della fibrillazione atriale in specifiche popolazioni di pazienti, ossia nei pazienti con scompenso cardiaco e nei pazienti ipertesi con un alto profilo di rischio cardiovascolare. "Grandi studi internazionali hanno dimostrato che e' possibile prevenire l'esordio della fibrillazione atriale, se fin dall'inizio si cura l'ipertensione o altre patologie cardiovascolari con trattamenti terapeutici efficaci; tra questi i sartani, come il valsartan che e' la molecola di questa classe piu' utilizzata negli studi clinici" dichiara il professor Aldo Maggioni, Direttore del Centro Studi ANMCO e membro dello Steering Committee dello studio. Infatti con Val-HeFT studio condotto su una popolazione di circa 4.400 pazienti con scompenso cardiaco e ritmo normale, valsartan aggiunto alla miglior terapia, e' stato in grado di ridurre di quasi il 40% l'incidenza di fibrillazione atriale, a meno di 2 anni. Inoltre VALUE condotto su oltre 15.000 pazienti ha dimostrato che valsartan, rispetto ad amlodipina in pazienti ipertesi ad alto rischio cardiovascolare, riduce il rischio di sviluppare nuovi episodi di fibrillazione atriale del 16% e di fibrillazione persistente del 32%, indipendentemente dalla riduzione dei valori pressori.

Anoressia: genitori e media tra cause scatenanti

I genitori e i modelli imposti dai mass media sarebbero tra i principali responsabili dell' anoressia rispettivamente nei ragazzi e nelle ragazze. Queste le conclusioni di uno studio effettuato dalla Scuola di Medicina di Harvard e pubblicato dalla rivista Archives of Pediatrics e Adolescent Medicine. La ricerca e' stata condotta sottoponendo ad un test circa 7 mila ragazze e 5.600 ragazzi di eta' compresa tra i 9 e i 15 anni. Gli studiosi hanno preso in considerazione variabili come la frequenza delle diete, la presenza di modelli televisivi e di eventuali commenti negativi dei genitori sulla forma fisica o sulle abitudini alimentari dei ragazzi. I risultati parlano chiaro: mettersi continuamente a dieta o provare a somigliare a modelli televisivi sarebbero i fattori scatenanti di disordini alimentari per le ragazze di tutte le eta'. Al contrario, nel caso dei ragazzi, questi comportamenti risulterebbero piu' frequenti tra i giovani che ricevono commenti negativi sul loro peso da parte dei genitori. Inoltre, secondo gli studiosi, avere una madre che ha sofferto di disordini alimentari costituirebbe un ulteriore fattore di rischio soprattutto per le ragazze con meno di 14 anni. ''Questi risultati suggeriscono che le strategie di prevenzione di disturbi alimentari devono essere differenziate in base al sesso e all'eta' dei soggetti - hanno spiegato i ricercatori. ''Per le ragazze, ad esempio, potrebbe essere utile - hanno aggiunto - far si che le ragazze siano meno influenzate dai modelli veicolati dai mass media, mentre nel caso dei ragazzi, bisognerebbe aiutarli a non interiorizzare troppo i commenti negativi che fanno i genitori sul loro peso''.

Anoressia: genitori e media tra cause scatenanti

I genitori e i modelli imposti dai mass media sarebbero tra i principali responsabili dell' anoressia rispettivamente nei ragazzi e nelle ragazze. Queste le conclusioni di uno studio effettuato dalla Scuola di Medicina di Harvard e pubblicato dalla rivista Archives of Pediatrics e Adolescent Medicine. La ricerca e' stata condotta sottoponendo ad un test circa 7 mila ragazze e 5.600 ragazzi di eta' compresa tra i 9 e i 15 anni. Gli studiosi hanno preso in considerazione variabili come la frequenza delle diete, la presenza di modelli televisivi e di eventuali commenti negativi dei genitori sulla forma fisica o sulle abitudini alimentari dei ragazzi. I risultati parlano chiaro: mettersi continuamente a dieta o provare a somigliare a modelli televisivi sarebbero i fattori scatenanti di disordini alimentari per le ragazze di tutte le eta'. Al contrario, nel caso dei ragazzi, questi comportamenti risulterebbero piu' frequenti tra i giovani che ricevono commenti negativi sul loro peso da parte dei genitori. Inoltre, secondo gli studiosi, avere una madre che ha sofferto di disordini alimentari costituirebbe un ulteriore fattore di rischio soprattutto per le ragazze con meno di 14 anni. ''Questi risultati suggeriscono che le strategie di prevenzione di disturbi alimentari devono essere differenziate in base al sesso e all'eta' dei soggetti - hanno spiegato i ricercatori. ''Per le ragazze, ad esempio, potrebbe essere utile - hanno aggiunto - far si che le ragazze siano meno influenzate dai modelli veicolati dai mass media, mentre nel caso dei ragazzi, bisognerebbe aiutarli a non interiorizzare troppo i commenti negativi che fanno i genitori sul loro peso''.

Allergie alimentari

Una messa a punto sulle allergie alimentari.Spesso il paziente, di fronte a qualche sintomo "strano" che non si riesce a inquadrare, domanda se per caso non si tratti di un'allergia alimentare. Classicamente le allergie alimentari fanno parte del quadro più vasto delle reazioni avverse agli alimenti. A parte le reazioni tossiche che si verificano dopo l'assunzione di determinate sostanze (tossine batteriche, veleni naturali, sostanze chimiche, ecc.), le reazioni avverse agli alimenti vengono distinte in reazioni immunomediate (allergie alimentari vere e proprie) e reazioni non immunomediate (intolleranze alimentari).A loro volta le allergie alimentari possono verificarsi con un meccanismo IgE mediato oppure non IgE mediato, mentre le intolleranze alimentari riconoscono meccanismi in parte conosciuti (si pensi per esempio alla intolleranza al lattosio [1] ove si ha un deficit enzimatico a livello della mucosa intestinale, o alla celiachia in cui si ha un danno della mucosa digestiva legato al glutine) e in parte non noti. La prevalenza delle intolleranze e delle allergie alimentari non è ben determinata: le prime sono sicuramente più frequenti, tanto che si ritiene che un soggetto su cinque nel corso della vita possa andar incontro ad uno o più episodi di intolleranza alimentare. Le vere allergie alimentari sono molto meno frequenti, anche se quelle più comuni sembrano in aumento. Gli alimenti più spesso responabili di allergie alimentari sono il latte, le uova, i crostacei, il pesce, la frutta secca, le fragole.Una storia familiare positiva per atopia costituisce un fattore di rischio per allergia alimentare IgE mediata.
I sintomi
Di solito si pensa ad una allergia oppure ad una intolleranza alimentare se dopo l'ingestione di determinati cibi compaiono sintomi gastrointestinali (diarrea, dolore addominale, meteorismo, nausea e/o vomito) oppure sintomi caratteristici di una reazione allergica (asma, oculorinite, orticaria, prurito, edema angioneurotico, eczema atopico) Tuttavia si possono avere anche sintomi generali che più difficilmente vengono messi in relazione ad una allergia alimentare come per esempio febbricola, astenia, artralgie, anemia, ecc. Le allergie alimentari possono essere responsabili anche di casi gravi (talora mortali) di anafilassi. I cibi più spesso in causa sono le noccioline e il pesce.
La diagnosi
Il primo approccio diagnostico deve basarsi sull'anamnesi. E' buona norma pensare ad una possibile allergia o intolleranza alimentare di fronte a sintomi aspecifici o sistemici difficilmente inquadrabili. Ovviamente l'anamnesi è importante se si riesce a evidenziare un' associazione costante tra la comparsa del sintomo e l'ingestione dell'alimento incriminato. Tuttavia non sempre è facile sia per la scarsa collaborazione del paziente sia per l'intrinseca difficoltà di trovare un legame tra cibo e sintomo. In caso di sospetto si richiede il prick test cutaneo che si esegue con estratti standardizzati dei vari alimenti. L'esame successivo è il RAST, vale a dire la ricerca di IgE specifiche. Entrambi i test però sono gravati da falsi negativi e da falsi positivi. Il valore predittivo negativo del test è molto elevato (secondo alcune stime si aggira sul 95%) mentre il valore predittivo positivo è molto più basso (circa 50%). Anche per il dosaggio delle IgE specifiche il valore predittivo negativo è elevato mentre quello positivo è più modesto. Comunque se è vero che una loro positività è suggestiva ma non dimostrativa di allergia alimentare, questa non si può escludere con matematica certezza se sono negativi. Bisogna considerare inoltre che in molti casi le allergie alimentari non sono IgE mediate: in questi casi entra in gioco per esempio l'immunità cellulare che comporta delle reazioni di tipo ritardato. Queste possono talora essere dimostrate con i patch test.Gli esperti sono comunque concordi nel ritenere che il mezzo diagnostico migliore siano le diete di eliminazione: la risposta a queste diete permette di solito una diagnosi di "quasi"certezza. Il paziente viene sottoposto ad una dieta base ipoallergenica e poi vengono reintrodotti uno alla volta i vari alimenti mentre il soggetto deve registrare in un apposito diario la comparsa dei sintomi. Una volta individuato l'alimento ritenuto responsabile dell'allergia si può avere la prova del nove della sua colpevolezza con un test di scatenamento. Nel caso le reazioni allergiche che il paziente ha avuto siano state gravi (crisi asmatiche, anafilassi) si sconsiglia di eseguire la dieta di provocazione: è consigliabile far riferimento ad un ambiente specialistico ove verrà valutata l'opportunità di eseguire un test di provocazione orale previo ricovero che consente una eventaule terapia rianimatoria.Sono stati proposti vari altri esami alternativi (tra cui il test citotossico, il VEGA test, il test del capello, ecc.) ma mancano evidenze scientifiche che ne documentino l'efficacia diagnostica.
La terapia
Ovviamente la terapia etiologica prevede l'astensione dall'alimento incriminato, ma spesso la compliance non è ottimale. E' stato visto che, soprattutto nei bambini, una dieta prolungata priva dell'alimento colpevole dell'allergia può consentire, col tempo, la sua reintroduzione senza che ricompaiano i sintomi. Questo fenomeno, seppur meno frequentemente, è stato descritto però anche negli adulti. In molti casi le diete non vengono seguite in modo scrupoloso oppure talora l'allergia può riguardare diversi alimenti o ancora, pur se sospettata un'allergia alimentare, non si riesce a individuare chiaramente il cibo responsabile. Si può ricorrere allora ad una terapia sintomatica a base di antistaminici, chetotifene, cromoglicato di sodio, steroidi (la cui utilità però è limitata dai gravi effetti collaterali in caso di trattamenti prolungati). Sono stati proposti anche i probiotici, gli anticorpi anti - interleukine, l'immunoterapia (che però può essere gravata da gravi reazioni anafilattiche per cui va decisa di volta in volta dello specialista allergologo e praticata in ambiente protetto). Nel caso il paziente sia a rischio di shock anafilattico deve essere dotato di adenalina pronto uso.
La prevenzione
La prevenzione delle allergie alimentari è ancora ai suoi primi passi. Comunque è raccomandata l'esclusiva alimentazione al seno fino al 5°-6° mese di vita e l'introduzione ritardata, nel bambino piccolo, di alimenti allergizzanti come pesce e uova [2]. E consigliabile anche una dieta ipoallergenica durante la gravidanza e l'allattamento se la madre ha una storia di eczema atopico o di patologia allergica.
Renato Rossi
Referenze1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=27122. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=26633. Sicherer SH. Manifestations of Food Allergy: Evaluation and Management. Am Fam Phys 1999 Jan 15; 59:415

Aids: in Italia 11 nuovi casi al giorno

Non si ferma l'epidemia di Aids: 11 nuove infezioni al giorno nel nostro paese, 4.000 casi l'anno. E cambiano le caratteristiche dei malati: aumenta l'eta', sia per gli uomini (43 anni) che per le donne (40 anni), diminuiscono i tossicodipendenti, aumentano gli stranieri (oltre il 20% dei casi segnalati nell'ultimo anno). Sono i dati resi noti oggi dall'Istituto Superiore di Sanita' sulla diffusione del virus Hiv in Italia. Se sale l'eta' media, diminuisce ulteriormente l'incidenza di casi di AIDS nei bambini: solo un nuovo caso pediatrico e' stato segnalato nel corso del 2007.
Per quanto riguarda le nuove diagnosi di infezione da HIV, per le quali non esiste ancora un sistema di sorveglianza nazionale, le 4.000 nuove infezioni l'anno, assicura l'Iss, mostrano una sostanziale stabilizzazione dell'epidemia. Questo, sottolinea l'Istituto, "congiuntamente all'aumento della sopravvivenza, comporta una tendenza all'aumento del serbatoio di infezione". In sostanza cala pericolosamente la guardia: "La bassa percezione del rischio della popolazione sessualmente attiva rende conto della necessita' di mettere a punto adeguati interventi di prevenzione".
In tutto sono 59.106 i casi di AIDS notificati dall'inizio dell'epidemia fino al 31 Dicembre 2007. Aggiustando per il ritardo della notifica, pero', questo numero sale a oltre 59.500. La Regione piu' colpita in assoluto risulta essere la Lombardia, ma nell'ultimo anno il tasso di incidenza piu' elevato e' quello del Lazio seguito da Lombardia, Toscana, Emilia Romagna e Liguria. Nel 2007, le stime mostrano una sostanziale stabilita' nel numero di nuovi casi di AIDS rispetto all'anno precedente, segno che si e' arrestata la tendenza al declino dell'incidenza di malattia conclamata che aveva caratterizzato l'era della HAART (terapia antiretrovirale combinata). Cio' dipende dal mancato accesso precoce alla terapia (oltre il 60% dei nuovi casi non ha effettuato terapia prima della diagnosi di AIDS) e consegue a un ritardo nella esecuzione del test (oltre una persona su due scopre di essere sieropositiva al momento della diagnosi di AIDS o poco prima). La causa del ritardo risiede in una bassa percezione del rischio, soprattutto in persone che hanno acquisito l'infezione per via sessuale. Se l'incidenza di nuovi casi di AIDS e' stabile, aumenta invece il numero totale delle persone con AIDS viventi, che sono oggi quasi 24.000. Tale effetto, spiega l'Iss, e' dovuto all'incremento della sopravvivenza dei malati a seguito dell'introduzione della terapia combinata con farmaci antiretrovirali".

venerdì 6 giugno 2008

L’Aspirina può prevenire l’asma?


Uno studio ha trovato che il rischio di insorgenza d’asma negli adulti è stato risotto del 22% negli uomini che stavano assumendo quotidianamente l’Acido Acetilsalicilico ( Aspirina ) per la prevenzione della malattia cardiaca. I Ricercatori del Brigham and Women’s Hospital di Boston ritengono che l’Acido Acetilsalicilico a basso dosaggio possa avere effetti benefici sull’asma. Sono stati esaminati i dati del Physicians’ Health Study, uno studio che ha preso avvio nel 1982 e che riguardava 22.072 medici di sesso maschile, di età compresa tra 40 ed 84 anni. I medici erano stati assegnati in modo casuale ad assumere una dose giornaliera di Aspirina 325mg oppure placebo. L’obiettivo originale dello studio era quello di valutare l’effetto dell’Aspirina nella prevenzione della malattia cardiaca. Nel corso di 5 anni, sono stati diagnosticati 113 nuovi casi di asma nel gruppo Aspirina contro i 145 nel gruppo placebo. Si ritiene che effetto antinfiammatorio dell’Aspirina possa avere un ruolo nel ridurre l’incidenza di asma. I Ricercatori hanno tuttavia sottolineato che questi risultati devono essere valutati con prudenza perché in alcune persone l’Aspirina potrebbe innescare i sintomi d’asma.
Fonte: American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine, 2007

Nuove linee guida per l'asma

L'aggiornamento delle linee guida sull'asma da parte del National Asthma Education e Prevention Program (NAEPP) americano non contiene novità di rilievo ma richiama l'attenzione su valutazione e monitoraggio del paziente oltre che sull'autogestione.Il National Asthma Education e Prevention Program (NAEPP) americano ha pubblicato un aggiornamento delle sue linee guida sull'asma. L'aggiornamento è stato preceduto da una revisione sistematica della letteratura alla ricerca delle migliori evidenze disponibili sulla gestione del paziente asmatico.Possiamo dividere gli argomenti trattati in quattro aree: valutazione e monitoraggio del paziente, educazione del paziente, controllo dei fattori ambientali che possono peggiorare o scatenare l'asma, farmacoterapia.
Valutazione e monitoraggio del paziente
Vanno determinati la frequenza ed intensità dei sintomi, la funzionalità respiratoria, la limitazione che l'asma comporta sulle attività di ogni giorno, la presenza di fattori di rischio per riacutizzazioni e i possibili effetti collaterali dei farmaci antiasmatici. Una volta iniziata la terapia il paziente va monitorato periodicamente onde valutare lo stato di controllo della patologia.
Educazione del paziente
Al paziente vanno insegnati l'automonitoraggio e l'autogestione della malattia con l'ausilio di un piano scritto, personalizzato, che includa i consigli per il trattamento sia della malattia di base che delle riacutizzazioni.
Controllo dei fattori di rischio ambientali
Spesso sono sufficienti misure semplici che servano a limitare l'esposizione agli allergeni ed alle altre sostanze trigger a cui il paziente è sensibile (per esempio fumo di sigaretta, odori, profumi, inalanti, ecc). Il controllo dell'asma può essere migliorato trattando contemporaneamente altre condizioni associate come la rinosinusite allergica, il reflusso gastro-esofageo, il sovrappeso, lo stress e l'ansia/depressione.La vaccinazione antinfluenzale non ha dimostrato di ridurre frequenza e gravità delle riacutizzazioni.
Farmacoterapia
Gli steroidi ianaltori rimangono il trattamento di prima linea in tutte le età, associato al betastimolante a breve durata d'azione da usare al bisogno. I farmaci da aggiungere allo steroide inalatorio in caso di necessità sono i betastimolanti a lunga durata d'azione, gli antileucotrieni e i cromoni, l'omalizumab nei casi refrattari. Si consiglia un approccio a gradini, a seconda della severità e della frequenza delle crisi asmatiche, come del resto era per la versione precedente delle linee guida. La terapia prevede sia l'uso di più farmaci che il loro aumento di dosaggio se necessario, come anche una diminuzione quando possibile, basandosi sul livello di controllo della malattia. I betastimolanti a lunga durata d'azione non devono essere usati per trattare le riacutizzazioni e neppure come monoterapia di mantenimento senza steroidi inalatori. La teofillina a lunga durata d'azione è una alternativa, più che una terapia aggiuntiva, agli steroidi inalatori. I betastimolanti a breve durata d'azione sono da usare in caso di sintomi acuti o di asma da sforzo; gli anticolinergici possono essere una loro alternativa. Gli steroidi per via sistemica sono consigliati, in aggiunta ai betastimolanti a breve durata d'azione, per trattare le riacutizzazioni e per facilitarne la risoluzione, con l'aggiunta di ipratropio per le forme più severe; inoltre ossigeno per combattere l'ipossiemia; nei casi refrattari: magnesio solfato ed elio.
Fonte:National Heart, Lung, and Blood Institute. Published online August 29, 2007.http://www.nhlbi.nih.gov/guidelines/asthma/index.htm
Commento di Renato Rossi
Queste corpose linee guida (più di 500 pagine!) non aggiungono nulla di veramente nuovo a quanto già non si sapesse sulla terapia farmacologia dell'asma, almeno per gli aspetti fondamentali. Più interessanti invece gli spunti di riflessione per quanto riguarda il monitoraggio della malattia (sia da parte del medico che del paziente) e l'autogestione della terapia e delle riacutizzazioni. Questo approccio richiede ovviamente molto tempo da dedicare al paziente, ma è uno snodo cruciale: spesso infatti gli asmatici vedono la loro patologia non come una malattia cronica che richiede un trattamento e un controllo costante, bensì come una serie di episodi acuti al di fuori dei quali non è necessario alcunchè. Il problema della mancata compliance ai trattamenti prescritti è ben noto ad ogni medico pratico e, probabilmente, è il maggior ostacolo alla corretta gestione dell'asma.