venerdì 6 giugno 2008

Ansia

L'ansia, spesso definita "emozione di difesa", rappresenta la predisposizione biologica a difendersi attivamente dai pericoli; è l'espressione dell’attivazione di un segnale di allarme psicosomatico, in relazione alla percezione di imminente pericolo interno o esterno.

A differenza della paura, l’ansia si può innescare anche dalla sola rappresentazione mentale di una situazione temuta che non necessariamente si realizzerà.

Indagini hanno documentato che oltre un soggetto su cinque può andare incontro ad un qualche disturbo d’ansia nell’arco della propria vita.

Che cosa è l’ansia

L’ansia è un’emozione spiacevole a carattere naturale ed universale: infatti essa rappresenta l’attivazione di un segnale di allarme psicosomatico in rapporto alla percezione di imminente pericolo interno o esterno; essa può essere pertanto definita una “emozione di difesa”.

Mentre la paura è una risposta primordiale ad esperienze reali ed attuali in cui è riconoscibile un adeguato oggetto-stimolo (ad es. trovarsi dinanzi un uomo con la pistola puntata) l’ansia si riferisce invece a situazioni di tipo potenziale, proiettate in un futuro seppur prossimo, dove il pericolo non è sempre ben definito (ad es. la sensazione continua che possa capitare qualcosa di male al momento di partire per un viaggio).
A differenza della paura, quindi, l’ansia può essere innescata anche dalla sola rappresentazione mentale ovvero dalle semplici avvisaglie sensibili di una situazione temuta che non necessariamente si realizzerà.
Dal momento che l’ansia assolve ad una funzione fisiologica, essa permette entro un certo limite il miglioramento di prestazioni finalizzate ad affrontare le situazioni ambientali percepite come fonte di pericolo, ma nello stato ansioso eccessivamente intenso o protratto le stesse prestazioni declinano (ad es. un giusto livello di attivazione ansiosa aiuta nella preparazione di un esame o di una gara, ma l’eccesso di ansia può tradursi in blocco psicologico e/o errori grossolani).
Pertanto l’ansia diviene francamente patologica quando la sua origine non può essere compresa in base ad esperienze reali, o comunque essa risulta inappropriata allo stimolo che la provoca, quando disturba i pensieri dell’individuo con la propria intensità o durata, compromettendo le prestazioni e provocando rilevante sofferenza soggettiva (timore marcato o altre sensazioni penose).
L’interpretazione scientifica dei fenomeni ansiosi può avvenire secondo modelli primitivamente biologici o psicologici, ma in pratica è necessario adottare una visione unitaria e centrata sullo specifico caso clinico: abitualmente si considera l’interazione fra una predisposizione genetica e l’esposizione ad esperienze ambientali, sia precoci che recenti.
Le persone che soffrono di ansia tendono a formarsi un punto di vista soggettivo sull’origine dei propri sintomi in conseguenza dei meccanismi di condizionamento che scaturiscono dalle sensazioni spiacevoli (“in questa situazione avverto ansia = questa situazione è la causa dell’ansia”).

Come si manifesta l’ansia

Poiché rappresenta la predisposizione biologica a difendersi attivamente dai pericoli, l’ansia si associa a varie modificazioni funzionali dell’intero organismo, con manifestazioni più drammatiche e circoscritte nelle forme di ansia acuta e più sfumate e persistenti nelle forme di ansia cronica.
Così, oltre alla percezione soggettiva dell’ansia, si può presentare una serie di disturbi a vari livelli:
metabolismo (ad es. utilizzazione delle risorse energetiche, variazioni del peso corporeo);
funzionamento dei visceri ed il tono neurovegetativo (ad es. aumento dei battiti cardiaci, innalzamento della pressione del sangue, dolore toracico, alterazioni respiratorie, bocca asciutta, difficoltà di deglutizione, sensazione di stomaco chiuso, coliche addominali, timore di non trattenere feci o urine);
sonno(ad es. difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il riposo durante la notte, sensazione di non aver riposato);
alimentazione (ad es. mangiare di meno o tendenza a mangiucchiare continuamente);
sfera sessuale (ad es. difficoltà di erezione o eiaculazione precoce nel maschio, vaginismo o turbe mestruali nella femmina);
funzioni mentali (ad es. difficoltà a concentrarsi o a prendere decisioni, costruire relazioni inappropriate tra esperienze concrete e rappresentazioni temute, problemi di memoria);
attività motoria ed il comportamento (ad es. irrequietezza continua, sensazione di debolezza muscolare, necessità di evitare situazioni temute, inibizione del movimento);
emissione di segnali sociali (ad es. espressione tesa del volto, voce strozzata);
vissuto e prospettive psicologiche (ad es. dubbi continui, demoralizzazione, pessimismo del futuro);
coscienza di sé (ad es. sensazione di svenire o di perdere i confini della realtà, impressione di aver già visto o vissuto situazioni mai sperimentate prima).

Queste manifestazioni non sono presenti uniformemente ma possono combinarsi in vario modo nei singoli soggetti.

Epidemiologia e classificazione dei disturbi d’ansia

Le indagini su popolazione generale hanno documentato come oltre un soggetto su cinque possa andare incontro ad un qualche disturbo d’ansia nell’arco della vita. Nei periodi di maggiore intensità dei sintomi le persone affette da disturbi d’ansia risultano incapaci di attendere proficuamente alle proprie attività: è stato stimato che in questi casi si può determinare assenza (o presenza inefficiente) per il 10-40% delle giornate lavorative mensili.

Attualmente la classificazione clinica più diffusa dei disturbi d’ansia fa riferimento al DSM-IV-TR (2000) dell’Associazione Psichiatrica Americana.

La terminologia classificativa del DSM è facilmente confrontabile perché utilizza descrizioni esplicite, ma l’impiego dei criteri per la costruzione delle diagnosi deve essere riservato a professionisti esperti, in grado di cogliere la vera essenza delle manifestazioni cliniche. Riportiamo di seguito le diagnosi di disturbi d’ansia attualmente previsti dal DSM:
Disturbo di panico (senza / con agorafobia): è caratterizzato dal ripetersi di attacchi di ansia molto intensi della durata di alcuni minuti.
Agorafobia senza anamnesi di disturbo di panico: le persone evitano di recarsi in luoghi specifici per il timore di sentirsi male.
Fobia specifica (o semplice): paura sproporzionata o irragionevole di affrontare situazioni o oggetti esterni giudicati pericolosi (ad es. luoghi elevati, mezzi di trasporto, animali, sangue, pratiche mediche).
Fobia sociale (o Disturbo da ansia sociale): il soggetto teme di non essere in grado di adempiere ad una prestazione in pubblico (ad es. parlare di fronte ad estranei).
Disturbo ossessivo-compulsivo: contenuti mentali (es. immagini sgradevoli) ed espressioni comportamentali (es. riordinare) si impongono alla volontà del paziente in modo ripetitivo ed irragionevole, e spesso i comportamenti compulsivi sono finalizzati a neutralizzare l’ansia provocata dai pensieri ossessivi.
Disturbo da stress post-traumatico e Disturbo acuto da stress: quadri specifici susseguenti all’esposizione ad eventi che determinano pericolo per l’incolumità personale (ad es. gravi incidenti, disastri naturali, scene di guerra, aggressioni e stupri).
Disturbo d’ansia generalizzato: sintomi d’ansia cronici durano molti mesi e provocano apprensione continua.

In alcuni casi possono essere soddisfatti i criteri diagnostici formali per più di un disturbo nello stesso individuo (comorbilità).
Al contrario, quando sono presenti sintomi d’ansia ma nessuna diagnosi specifica può essere formulata, si parla di Disturbo d’ansia non altrimenti specificato.
Esistono poi soggetti le cui caratteristiche ansiose appaiono connaturate e non vengono avvertite come disturbanti: è possibile in questi casi considerare una diagnosi di Disturbo di personalità del gruppo “C” (evitante, dipendente, ossessivo-compulsivo ).
L’andamento delle manifestazioni ansiose risente dell’esposizione a fattori stressanti (richieste dell’ambiente a cui bisogna far fronte) che talvolta sono del tutto generici (dal superlavoro quotidiano ai problemi di salute) ma che più spesso si riferiscono a vicende personali emotivamente significative (ad esempio la fine di una relazione sentimentale).
Quando all’origine di manifestazioni d’ansia non specifiche è possibile individuare un fattore ambientale stressante, si pone diagnosi di Disturbo dell’adattamento con ansia.
Infine, la diagnosi di Disturbo d’ansia dovuto a condizione medica generale e di Disturbo d’ansia indotto da sostanze identifica direttamente una causa organica.

Diagnosi delle manifestazioni d’ansia

L’ansia in psichiatria può essere paragonata alla febbre nella medicina somatica: essa costituisce cioè una manifestazione aspecifica che deve essere interpretata all’interno di quadri morbosi.
Dovrebbe essere quindi il medico a stabilire per primo se una manifestazione ansiosa sia l’espressione secondaria di alterazioni organiche (ad es. ipertiroidismo, disturbi cardio-respiratori, alterazioni cerebrali, abuso di caffeina o cannabis) ovvero costituisca un sintomo psichiatrico primitivo.
Dal canto suo, lo psichiatra dovrà inquadrare l’ansia o come espressione parziale di un quadro psicopatologico più vasto (ad es. un disturbo ciclico dell’umore) o come elemento principale di un particolare disturbo d’ansia fra quelli più sopra elencati.
Per queste ragioni non si deve temere di sottoporsi ad una visita psichiatrica superflua anziché correre il rischio di omettere o ritardare un appropriato intervento clinico.
Al contrario, tentare di identificare da soli il proprio disturbo attraverso una lettura inesperta di testi tecnici o sottoporsi a mere procedure di autovalutazione con strumenti basati sui criteri formali del DSM espone al rischio di interpretazioni distorte della sintomatologia.

Decorso e prognosi dei disturbi d’ansia

Non è possibile fornire una descrizione generale dell’andamento dei disturbi d’ansia: esso dipende dal tipo di disturbo, dalla gravità individuale, dall’esposizione a fattori stressanti, dall’efficacia dei trattamenti.
La maggior parte dei disturbi d’ansia risponde piuttosto bene alle terapie (che riducono l’intensità dei sintomi, la disfunzione personale e la sofferenza soggettiva) soprattutto se vengono intraprese con tempestività interrompendo i meccanismi di rinforzo dei sintomi.

Bisogna distinguere interventi di fase acuta (in cui i sintomi sono particolarmente intensi e disturbanti) ed interventi di lungo periodo (quando i sintomi sono attenuati o scomparsi, ma potrebbero ripresentarsi in caso di interruzione precoce della cura).
E’ possibile che in una minoranza dei casi si osservi una risposta parziale ai trattamenti.
Talvolta l’ansia cronica non adeguatamente curata può evolvere in quadri depressivi.

Interventi farmacologici

Anticamente, le terapie farmacologiche dell’ansia erano limitate a farmaci sedativi:dapprima barbiturici e meprobamato (oggi abbandonati) e quindi le benzodiazepine (ancora largamente in uso).
Questa classe di farmaci, a causa del proprio meccanismo d’azione, può interferire con le prestazioni cognitive (attività intellettuali, guida di autoveicoli, uso di macchinari, ...) e tende ad esaurire con il tempo la propria efficacia.
Per questo le benzodiazepine risultano più adatte per la terapia d’attacco e debbono essere assunte sotto controllo medico (nonostante siano quasi sempre presenti negli armadietti domestici e spesso oggetto di consigli amicali).
Già da molti decenni gli psichiatri hanno riconosciuto l’utilità degli antidepressivi per ottenere effetti stabili di modulazione delle strutture cerebrali implicate nelle manifestazioni d’ansia. Sfortunatamente gli antidepressivi di prima generazione (“triciclici”) comportano effetti collaterali di rilievo, per cui non possono essere assunti da tutti i pazienti e bisogna spesso limitarne la posologia a dosaggi di compromesso fra efficacia e tollerabilità.
Negli ultimi anni la ricerca psicofarmacologica ha messo a disposizione strumenti di ottima maneggevolezza per il trattamento dell’ansia: gli inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI).
Questa classe di farmaci trova indicazione nella maggior parte dei disturbi d’ansia, ma loro somministrazione deve essere progressiva, partendo da dosaggi inferiori a quelli utilizzati in altri campi della psichiatria.
E’ bene ricordare che antidepressivi e SSRI non solo non producono dipendenza, ma sono addirittura utili al trattamento di tale sindrome.
La condotta della cura farmacologica nei disturbi d’ansia richiede un’esperienza specifica da parte del prescrittore, sia per ottimizzare i risultati (che vanno tenuti distinti fra breve e medio-lungo termine) sia per limitare al massimo gli effetti indesiderati (generalmente evitabili). Cautele specifiche sono richieste nei soggetti con patologie somatiche, in caso di gravidanza, negli anziani e negli adolescenti; ma solo raramente si tratta di controindicazioni assolute.
Nel trattamento dei disturbi d’ansia resistenti alle terapie convenzionali possono essere impiegati farmaci (di esclusiva prescrizione specialistica) la cui indicazione non è stata ancora riconosciuta dalle autorità ministeriali (FDA negli Stati Uniti, EMEA nell’Unione Europea) in attesa di evidenze sperimentali complete.
In tali casi lo psichiatra può valutare ugualmente la prescrizione (tecnicamente definita “off-label”) sulla base di consistenti evidenze scientifiche, richiedendo il consenso del paziente e monitorando da vicino il trattamento.

Interventi psicologici

Le più famose psicoterapie dell’era moderna sono nate proprio per il trattamento dei disturbi d’ansia: ad esempio, lo storico dibattito teorico-tecnico fra psicoanalisi e comportamentismo si riferisce al modello concettuale delle fobie.
Risulta impossibile fornire una informazione sintetica sulle psicoterapie disponibili per il trattamento dei disturbi d’ansia senza far torto a qualcuna fra le numerose scuole di pensiero.
E’ tuttavia corretto affermare che esistono opzioni tecniche maggiormente orientate alla modificazione del sintomo e dei suoi correlati ed altre volte a promuovere una maturazione della personalità ed a migliorare il funzionamento generale dell’individuo.
Sarebbe fuorviante per i pazienti suggerire una certa psicoterapia per una data sintomatologia in modo banale; infatti, l’indicazione di una specifica metodica deve considerare una serie di elementi di contorno (a volte più importanti della stessa manifestazione clinica) che riguardano la possibilità di coinvolgersi in una relazione con la persona del terapeuta, la capacità di fruire di una determinata procedura tecnica, l’aspettativa culturale verso una certa matrice teorica, e così via.

Psicofarmaci o psicoterapie?

Grazie alla diversificazione degli strumenti disponibili non sussistono oggi ostacoli all’integrazione dei trattamenti farmacologici con altri interventi, e la contrapposizione tecnica fra psicoterapie e farmacoterapie deve ritenersi del tutto superata.
Esistono semmai casi in cui un intervento può essere considerato fondamentale e l’altro complementare, o viceversa.
Tale giudizio tiene conto anche delle fasi del disturbo e di condizioni indipendenti dalla sintomatologia, come l’effettiva praticabilità di un determinato intervento in un dato soggetto.
Per questo è fondamentale ricevere un inquadramento specialistico da professionisti qualificati e svincolati da conflitti d’interesse.

La richiesta d’aiuto

Nella maggior parte dei casi i disturbi d’ansia non appaiono gravi in rapporto alle caratteristiche della sintomatologia psichiatrica: essa infatti non degenera mai nell’alienazione mentale, nonostante i tipici timori dei pazienti in questo senso (“ho la sensazione di impazzire”).
Al contrario, nonostante le apparenze, i disturbi d’ansia richiedono una specifica attenzione clinica sia per il livello di sofferenza soggettiva sia per la disfunzione personale che essi determinano.
A volte la presenza di un disturbo d’ansia può penalizzare significativamente le potenzialità di successo personale: alcuni individui non riescono ad affrontare situazioni sociali o lavorative per cui sarebbero perfettamente preparati (ad es. nella fobia sociale o nel disturbo di panico) mentre altri non riescono ad utilizzare in modo fluido le proprie abilità intellettive (come del disturbo ossessivo-compulsivo).
Proprio a causa delle loro condizioni psicologiche, i pazienti ansiosi possono vergognarsi di riferire i propri sintomi (“non voglio essere preso per matto”) o temere le conseguenze degli interventi di cura e riabilitazione (“i farmaci possono far male”, “lo psicoterapeuta può condizionare le mie scelte personali”).
Spesso, sotto la pressione del disagio, le persone si confidano in prima battuta con familiari, amici, istruttori di discipline fisiche o spirituali; altre volte esse ricercano il senso del proprio malessere attraverso la lettura di opere letterarie o filosofiche, oppure investendo impropriamente le pratiche religiose.
La frequente autosomministrazione di farmaci ansiolitici (in genere benzodiazepine come diazepam, lorazepam, alprazolam, ...) raramente risulta pericolosa in sé, ma ritarda la diagnosi clinica e facilita la cronicizzazione del disturbo.
Assai più dannoso è invece rivolgersi all’alcol per “distendere i nervi”, dato che sussiste il rischio di sviluppare dipendenza e/o di provocare danni all’organismo.
I medici di famiglia ricevono di solito la prima richiesta d’aiuto professionale da parte dei soggetti ansiosi, oppure sospettano o identificano un ruolo causale dell’ansia nei sintomi fisici dei loro pazienti.
Dal momento che alcuni sintomi d’ansia possono essere prodotti da malattie fisiche, è comunque importante che un medico (di medicina generale o specialista in aree specifiche) escluda preventivamente la presenza di alcune patologie (es. ipertiroidismo, anemia, malattie cardiache o polmonari).
Altre persone ansiose possono rivolgersi direttamente ad uno psicoterapeuta in base a conoscenze personali.
Però non si dovrebbe mai intraprendere un trattamento farmacologico o psicologico senza l’inquadramento preliminare di uno psichiatra, che deve effettuare la diagnosi differenziale ed informare il paziente su tutte le possibili opzioni di cura idonee al caso specifico.
La psichiatria costituisce infatti la specializzazione medica deputata alla comprensione ed alla cura dei disturbi mentali e comportamentali sulla base di conoscenze scientifiche interdisciplinari.

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