mercoledì 4 giugno 2008

Arresto cardiaco: la rivoluzione dell'ipotermia


All’Università si impara che dopo circa 5 minuti senza battito cardiaco, le cellule cerebrali iniziano a morire, seguite in breve da quelle del muscolo cardiaco. Ora c’è chi avanza l’ipotesi che questo intervallo di tempo possa essere triplicato grazie ai mitocondri. Lo rivela un’inchiesta del settimanale Newsweek.

Lance Becker, direttore del Center for Resuscitation Science della Penn University spiega: “La morte cellulare non è un evento. E’ un processo. E un processo può essere interrotto”. Il processo messo in moto nelle cellule neuronali dalla privazione di ossigeno parte nei mitocondri, che regolano apoptosi e necrosi, e la seconda fase è il cosiddetto danno da riperfusione. I ricercatori guidati da Becker hanno lavorato anni per trovare il modo di interrompere questa sequenza, ma nessun approccio farmacologico ha funzionato.Soltanto un metodo ha mostrato risultati interessanti, sebbene sia talmente poco tecnologico da suscitare dubbi e diffidenze nella classe medica: l’ipotermia. Daniel Herr del Washington Hospital Center ammette: “Serve un cambio di paradigma da parte della classe medica, perché occorre accettare che una cosa semplice e in un certo senso rozza come raffreddare il paziente semplicemente funziona. Il problema è che non capiamo perché”.

Dal 2005 ad oggi, Lance Becker ha applicato il protocollo di ipotermia a 14 pazienti in arresto cardiaco: 8 sono sopravvissuti, e di questi 6 hanno recuperato al 100 per cento. “Siamo alla vigilia di una rivoluzione nella medicina d’emergenza potenzialmente in grado di salvare milioni di persone”, avverte Becker. “Si tratta di un ritorno alle origini per il mestiere di medico, si tratta di riportare i pazienti indietro dalla morte. Personalmente lotto contro la morte da vent’anni e lo farò finché non la incontrerò di persona”.

Bibliografia. AdlerJ. The science of death: reviving the dead

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