venerdì 6 giugno 2008

Nelle arteriopatie periferiche meglio il solo antiaggregante



Nel paziente con arteriopatia periferica la terapia combinata antiaggregante/anticoagulante non risulta più efficace del solo antiaggregante, ma provoca un maggior numero di emorragie pericolose per la vita.In questo studio, denominato WAVE, sono stati reclutati 2.161 pazienti (età media 64 anni; 73,6% uomini) affetti da arteriopatia periferica, randomizzati alla terapia con anticoagulante (target dell' INR tra 2 e 3) associato ad un antiaggregante oppure al solo antiaggregante. Il follow-up medio è stato di 35 mesi. L'end-point primario era costituito da infarto miocardico, stroke o morte da causa cardiovascolare; quello secondario era formato da infarto, stroke, ischemia arteriosa periferica o coronarica di gravità tale da costringere ad intervento urgente o morte da causa cardiovascolare.L'end-point primario si verificò in 132 dei 1080 pazienti in trattamento combinato (12,2%) e in 144 dei 1081 pazienti trattati con il solo antiaggregante (13,3%): la differenza non era statisticamente significativa (RR 0,92; IC95% 0,73-1,16; P = 0,48).Non c'era differenza neppure per l'end-point secondario (15,9% vs 17,4%; RR 0,91; IC95% 0,74-1,12; P = 0,37).Sanguinamenti pericolosi per la vita si verificarono rispettivamente in 43 (4,0%) e in 13 (1,2%) pazienti, con una differenza statisticamente significativa (RR 3,41; IC95% 1,84-6,35; P <>

Fonte: The Warfarin Antiplatelet Vascular Evaluation Trial Investigators. Oral anticoagulant and antiplatelet therapy and peripheral arterial disease. N Engl J Med 2007 Jul 19; 357:217-27.


Commento di Renato Rossi


E' noto che il paziente con arteriopatia periferica è ad elevato rischio di eventi cardiovascolari (infarto, ictus). Il razionale dello studio WAVE era determinare se una terapia antitrombotica massimale fosse più efficace della terapia standard che prevede l'uso di un antiaggregante.I pazienti arruolati nello studio avevano una arteriopatia manifesta degli arti inferiori (82% dei casi) oppure della arteria succlavia o della carotide e il 50% di essi soffriva anche di coronaropatia.Gli anticoagulanti usati nello studio erano il warfarin (nella maggior parte dei casi) oppure l'acenocumarolo mentre gli antiaggreganti erano aspirina oppure ticlopidina o clopidogrel.Lo studio ha chiaramente dimostrato che dopo tre anni di trattamento la terapia combinata non offre vantaggi in termini di riduzione dei maggiori eventi cardiovascolari ma espone il paziente ad un maggior rischio di emorragie potenzialmente mortali: basta trattare circa 36 pazienti per avere un evento emorragico maggiore in più rispetto al solo antiaggregante.D'altra parte questi risultati sono in linea con quanto suggerisce una metanalisi di 10 RCT (per oltre 4.100 pazienti), secondo la quale la pratica di associare antiaggregante ed anticoagulante non sarebbe giustificata nè nella fibrillazione atriale nè nella cardiopatia ischemica ma solo nei pazienti con protesi valvolari meccaniche [1].


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