mercoledì 4 giugno 2008

Artrite reumatoide: l'importanza di intervenire presto

L’artrite reumatoide (AR) è una patologia infiammatoria cronica autoimmune che colpisce prevalentemente le articolazioni. Ha un andamento progressivo ed entro i primi due anni dalla diagnosi le radiografie mettono in evidenza danni articolari fino al 70% dei pazienti, mentre entro 10 anni il 50-80% dei pazienti lamenta crescenti difficoltà a svolgere il proprio lavoro e anche le semplici attività quotidiane. Solo nel nostro Paese sono più di 300.000 i malati di artrite reumatoide e di questi il 40% non trae un sufficiente beneficio dalle attuali terapie. Per questo motivo, c’è sempre più bisogno di nuovi investimenti nella ricerca per essere in grado di rispondere ai bisogni non ancora soddisfatti con farmaci sempre più innovativi. La terapia si arricchirà nel prossimo futuro di molecole innovative come tocilizumab, farmaco basato sulla inibizione del recettore per interleuchina-6 identificato come nuovo promettente target terapeutico, e come ocrelizumab, la versione umanizzata di rituximab. La patologia è su base autoimmune. Ovvero, la risposta immunitaria antinfiammatoria che si attiva per proteggere l’organismo dalla presenza di batteri e virus, nel caso delle malattie autoimmuni si rivolge, invece, verso organi sani, nel nostro caso le articolazioni, iniziando un processo di erosione delle stesse. Una sorta di auto-aggressione in grado di deformare e menomare l’articolazione fino alla sua distruzione. Per cercare di ottenere la remissione della patologia è necessario trattare i pazienti in una fase piuttosto precoce della malattia, prima che intervengano alterazioni strutturali. Ritardare l’inizio della cura può significare dare il via libera a possibili danni strutturali alle articolazioni interessate dall’AR. Purtroppo, la indicazione di rituximab è per quei pazienti che non hanno avuto risposta ad altri farmaci biologici in almeno sei mesi di trattamento. Ciò che ora reumatologi e pazienti attendono è l’indicazione all’utilizzo di rituximab in una fase precoce della malattia. I risultati clinici ottenuti con rituximab hanno evidenziato come questo anticorpo monoclonale sia capace di agire sul processo autoimmunitario, colpendo selettivamente la classe dei linfociti B coinvolti nel meccanismo che scatena l’artrite reumatoide e frenando, a monte, la serie di reazioni infiammatorie associate alla malattia. Rituximab può anche essere utilizzato nei pazienti che hanno avuto un’esposizione al bacillo tubercolare, cosa che non è possibile fare con altri farmaci biologici.
Fonte: Roche

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