martedì 27 maggio 2008

Afasia: ecco la corrente che scioglie la lingua dopo l’ictus

L'afasia è l'alterazione o la perdita della facoltà del linguaggio, in genere in seguito a una lesione alle aree del cervello deputate all'elaborazione del linguaggio. Il paziente afasico, pur conservando spesso intatte le proprie funzioni intellettive, non riesce a trovare le parole al momento giusto, a comprendere quello che gli viene detto, a leggere un giornale, a rispondere al telefono, con gravissime e drammatiche conseguenze per la qualità di vita della persona e per la società.

La principale causa di afasia è l’ictus cerebrale e si stima che nel nostro paese vivano almeno 150.000 afasici. A oggi non esistono farmaci in grado di favorire il recupero dei pazienti con ictus e afasia e la guarigione, spesso solo parziale, dipende da vari fattori, compresi la dimensione e la sede della lesione cerebrale e da percorsi riabilitativi costosi e spesso di lunga durata.

In uno studio di prossima pubblicazione sul Journal of Neurology, Neurosurgery & Psychiatry, l’équipe del professor Alberto Priori dell’Università degli Studi di Milano, presso i laboratori della Fondazione IRCCS Policlinico, ha documentato in un gruppo di pazienti con afasia e ictus cerebrale ischemico un significativo miglioramento delle capacità linguistiche attraverso un'innovativa metodica di stimolazione cerebrale. La nuova tecnica, non invasiva e indolore, prevede l’applicazione attraverso elettrodi posti sul cuoio capelluto, per pochi minuti, di correnti elettriche dirette a bassissima intensità (tDCS), non percepibili dal soggetto e senza effetti collaterali.

I risultati dello studio costituiscono un rilevante passo in avanti nella comprensione dei complessi processi di riorganizzazione che si verificano nel nostro cervello dopo la lesione di una specifica area cerebrale. Inoltre aprono la strada all’utilizzo di tale metodica come strumento complementare alle tradizionali tecniche riabilitative per i pazienti afasici.

Tags: afasia ictus stimolazione cerebrale Fonte: Università degli Studi di Milano, Fondazione IRCCS Policlinico

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