giovedì 29 maggio 2008

Angioplastica

Secondo dati presentati all’ultimo congresso di Cardiologia interventistica tenutosi a Washington (TCT), nell’anno 2006 il numero di procedure di angioplastica è aumentato a tal punto da quintuplicare quello degli interventi di by-pass aortocoronarico. In controtendenza con questi dati che sanciscono una netta preferenza per la tecnica di rivascolarizzazione mediante angioplastica, negli ultimi due anni è capitato di leggere commenti poco lusinghieri sull’impiego dell’angioplastica. Commenti che sembravano minare le certezze emerse negli ultimi anni.
Risponde Francesco Prati del Dipartimento per le Malattie dell’Apparato Cardiovascolare dell’Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma, intervenuto al XXV Congresso di Cardiologia "Conoscere e curare il cuore '08" di Firenze, organizzato dal Centro per la lotta contro l'infarto - Onlus: "Rimango dell’idea che gli stent a rilascio di farmaco siano un importante traguardo per la cardiologia interventistica. L’applicazione nell’arteria del cuore di queste “retine” in grado di ottimizzare i risultati dell’angioplastica e di prevenire quella complicanza conosciuta come restenosi (restringimento tardivo) ha ulteriormente esteso le indicazioni a questa modalità di rivascolarizzazione. Indubbiamente queste endoprotesi possono andare incontro a quel fenomeno conosciuto come trombosi tardiva. In altri termini, in un numero di casi molto limitato, gli stent medicati si possono chiudere improvvisamente, causando eventi importanti come l’infarto. Lo scorso anno, testate giornalistiche diedero ampio spazio agli insuccessi derivanti dall’impiego del palloncino e di nuovi stent. “Il palloncino si è sgonfiato” recitava un articolo di fondo dedicato sul Corriere della Sera: la polemica venne innescata da una iniziale osservazione secondo la quale la trombosi tardiva degli stent medicati comportava un aumento di eventi cardiovascolari rispetto all’impiego di stent tradizionali che non rilasciano alcun medicamento. In realtà questi primi riscontri che si basavano su casistiche insufficienti ed una metodologia criticabile non sono stati confermati da studi pubblicati in seguito su riviste di grande prestigio. Si è potuto concludere che gli stent medicati riducono la restenosi fin quasi ad annullarla senza causare un eccesso di eventi cardiaci, come la morte o il reinfarto rispetto agli stent tradizionali". L’occlusione tardiva degli stent medicati è allora un falso problema? "No, rimane un dato certo il tasso di trombosi pari allo 0,5-0,6 per cento per anno", spiega ancora Prati. "Questa percentuale è tuttavia bassa e non si traduce pertanto in un aumento di eventi cardiaci. Non va infatti dimenticato che anche altre metodiche di rivascolarizzazione presentano delle limitazioni. Il by-pass, ad esempio, comporta un aumento del tasso di complicanza, tra cui la morte, nell’immediato post-operatorio. Questo dato non sorprende se si considera che la procedura è ben più traumatica della tecnica dell’angioplastica. L’angioplastica rimane un cardine nella terapia dell’infarto. Anche gli studi più recenti hanno confermato il ruolo dell’angioplastica nella riapertura dell’arteria responsabile dell’infarto. La riapertura precoce della coronaria mediante dilatazione con palloncino e successivo posizionamento dello stent rappresenta infatti la modalità di trattamento ottimale".

Bibliografia. Ufficio stampa XXV Congresso di Cardiologia "Conoscere e curare il cuore '08", Centro per la lotta contro l'infarto - Onlus 2008.

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