mercoledì 28 maggio 2008

Le allergie e le intolleranze

Negli ultimi anni, e soprattutto nei paesi industrializzati, le allergie hanno fatto registrare un importante aumento della loro incidenza. Ciò è imputabile da un lato all’inquinamento ambientale e dall’altro (paradossalmente) al mutato rapporto del nostro organismo con gli agenti infettivi (misure igieniche e vaccinazioni di massa).
In via del tutto parallela, inoltre, si vanno manifestando nuove allergie come ad esempio l’allergia al lattice, le fotoallergie etc.

Le allergie e le intolleranze

Cos'è l'allergia
Si tratta di una patologia caratterizzata da una esagerata reattività del sistema immunitario verso sostanze ( gli allergeni ) innocue per i soggetti normali.
Tale condizione spesso viene trasmessa dai genitori ai figli: l'allergia trasmessa per via ereditaria prende nome di atopia.
La reazione allergica è, nella maggior parte dei casi, determinata dal legame degli allergeni a specifici anticorpi (nella maggior parte dei casi le IgE).
Quando l'allergene si lega all'anticorpo, le cellule liberano alcune sostanze (come ad esempio l'istamina) responsabili delle varie manifestazioni cliniche.
In misura minore la reazione allergica è dovuta non ad anticorpi, bensì all'attività di cellule (linfociti) del sistema immunitario (è il caso delle cosiddette dermatiti da contatto).

Cos'e' l'intolleranza?

Col termine di intolleranza si fa riferimento alle reazioni da ipersensibilità (ossia che si verificano solo in soggetti predisposti) che diversamente dalle reazioni allergiche non riconoscono alla base l'attivazione del sistema immunitario pur essendo simili dal punto di vista clinico.
Attualmente il termine è molto in voga nel campo delle reazioni avverse ad alimenti.

Gli strumenti della diagnosi delle allergie

Il Prick Test

È il test cardine della diagnostica allergologica. Si esegue pungendo con una lancetta la pelle dell'avambraccio attraverso una piccola goccia (deposta sulla pelle) contenente estratti degli allergeni in studio.
La reazione si può leggere dopo 15-20 minuti
Nello studio dell'allergia alimentare si possono utilizzare anche gli alimenti freschi: in questo caso si punge prima l'alimento e poi il braccio del paziente e questo test viene definito Prick by Prick.

Il Patch Test

Con questo test gli allergeni vengono applicati sulla cute mediante un dischino di cellulosa fissato con un cerotto e lasciati in sede per 48-72 ore.
I risultati del test si leggono dopo aver rimosso i cerotti.

Il Prist
E' un test che consiste nella determinazione, nel sangue, delle IgE totali (è un indice generico di allergia).

Il Rast (ELISA)

Con il Rast è possibile individuare nel siero gli anticorpi specifici (IgE) per una determinata allergia.

L'allergia respiratoria

L’allergia respiratoria include tutte le affezioni (rinite, sinusite, otite, asma e poliposi) provocate da un’infiammazione cronica a carico della mucosa delle alte e basse vie respiratorie innescata, in soggetti sensibilizzati, da un contatto prolungato con uno stimolo ambientale (allergene) che non provoca disturbi nella popolazione normale.
Le manifestazioni cliniche dell’allergia respiratoria sono estremamente variabili per presentazione, gravità e durata. Si va dai sintomi della rinite (starnuti, ostruzione e prurito nasale e naso colante) fino alla difficoltà respiratoria accompagnata ai “sibili” e “fischi” polmonari (asma bronchiale), passando per presentazioni meno comuni (cefalea, epistassi, riduzione dell’udito, infezioni ricorrenti dell’orecchio).I disturbi variano d’intensità da soggetto a soggetto e nei casi più gravi comportano alterazioni del sonno e delle normali attività lavorative, fisiche e sociali.

I disturbi possono essere:
perenni (ad esempio allergia all’acaro della polvere),
stagionali (scatenate dal contatto con i pollini ad esempio nell’allergia alle graminacee)
perenni con peggioramento stagionale quando c’è una concomitante allergia a pollini ed allergeni perenni (polvere domestica, muffe).
L’evoluzione naturale dell’allergia respiratoria raramente è orientata verso una risoluzione spontanea dei disturbi, nella maggior parte dei casi il quadro clinico tende alla cronicizzazione o addirittura al peggioramento.
Ciò avviene perché la mucosa dei vari distretti delle vie aeree è capace di indurre una propagazione dell’infiammazione dalle zone colpite a quelle indenni con conseguente evoluzione clinica del quadro. Per questo motivo è raccomandabile un’esatta e precoce diagnosi cui faccia seguito un appropriato atteggiamento terapeutico.
L' individuazione delle cause dell'allergia non è sempre semplice; un test cutaneo o un esame del sangue positivi non sempre fanno diagnosi. E' pertanto necessario avvalersi dell'esperienza di medici specialisti che sulla base di un'attenta anamnesi, di un accurato esame obiettivo, test allergologici in vivo e in vitro, test di provocazione bronchiale, nasale, oculare, spirometria per individuare i fattori responsabili ed impostare la strategia terapeutica più corretta.
La prima forma di terapia rimane sempre la prevenzione ambientale tramite bonifiche, piccoli accorgimenti giornalieri o misure dell'allontanamento dell'allergene (per gli allergici agli acari si sconsiglia il contatto lavorativo o domestico con ambienti polverosi e si raccomanda l'uso di purificatori d'aria; per gli allergici ai pollini si consiglia di evitare i luoghi aperti nelle stagioni incriminate e soprattutto nelle giornate ventose).
Alla prevenzione si associa la terapia farmacologica, sintomatica o causale.
I farmaci sintomatici includono gli antistaminici, i cromoni, gli antileucotrieni, i cortisonici locali e sistemici, che devono essere somministrati, a cicli o in modo continuativo, sotto controllo medico, evitando l'autoterapia che spesso si rileva infruttuosa o addirittura nociva.
La vera terapia dell'allergia respiratoria è, tuttavia, costituita dalla desensibilizzazione (il vaccino), che si basa sulla somministrazione di dosi crescenti dell'allergene o degli allergeni coinvolti fino ad indurre una tolleranza clinica dell'organismo verso l'allergene stesso.

L'allergia al lattice

Estratto da una pianta tropicale (Hevea brasiliensis), il lattice è soprattutto utilizzato nella produzione della gomma naturale e, per la sua capacità di sciogliere facilmente lo zolfo, è alla base del processo di vulcanizzazione che consente di ottenere prodotti (per esempio i pneumatici) meno facilmente deteriorabili.
Segnalata per la prima volta nel 1927 l'allergia al lattice ha fatto registrare, negli ultimi 20 anni, un notevole incremento della sua incidenza; ciò è imputabile da un lato all'enorme diffusione di manufatti di lattice (fig. 13) dall'altro all'inalazione con lo smog di grandi quantità di lattice liberate dall'usura dei pneumatici.
Le principali fonti di lattice sono:


La sensibilizzazione al lattice coinvolge sia la produzione di IgE contro le proteine contenute nei manufatti di lattice naturale sia, eccezionalmente l'azione di cellule del sistema immunitario (quest'ultima è in genere provocata dagli additivi ossia tiurami, carbammati, mercaptani, tiouree). La presenza di polvere lubrificante (amido di mais) nei guanti di lattice può favorire la sensibilizzazione fungendo da veicolo per le proteine che in questo modo sono inalate durante l'apertura delle confezioni e durante l'uso.
Varie proteine come hevamina, heveina, patatina, presenti in numerose piante ed alimenti vegetali sono verosimilmente responsabili della cross-reattività del lattice con alcuni alimenti (castagna, banana, kiwi, noce, nocciola, ecc.): questo quadro è definito Sindrome latex-fruit. Inoltre il lattice può cross-reagire con alcuni pollini (ad esempio graminacee) e sono segnalate cross-reattività con piante ornamentali come Ficus benjamin e Euphorbia pulcherrima (Stella di Natale).
La diagnosi di allergia al lattice si basa sulla raccolta di un'accurata storia clinica, volta a ricercare un'esposizione importante ad articoli in gomma naturale e ad inquadrare il tipo e le modalità di insorgenza delle manifestazioni cliniche: i pazienti a volte giungono all'allergologo per sospetta allergia alimentare o per reazioni anafilattoidi in corso di interventi chirurgici, odontoiatrici o esami contrastografici invasivi, che vengono erroneamente attribuiti ad altri fattori quali anestetici o i mezzi di contrasto. Posto il sospetto clinico, vengono eseguiti dei test quali le cutireazioni (a lettura immediata e ritardata) e il dosaggio delle IgE specifiche nel sangue.
La diagnosi viene poi confermata attraverso l'esecuzione di test di provocazione in ambiente ospedaliero: durante questi test viene riprodotta l'esposizione naturale al lattice (il paziente riceve il lattice per via sublinguale o congiuntivale, indossa dei guanti di lattice, ecc..).
Una volta formulata la diagnosi si consiglia di evitare il contatto con il lattice, in modo particolare in occasione di interventi chirurgici o di visite mediche da effettuarsi in ambienti latex-safe.
L' unica terapia possibile è la desensibilizzazione e in particolare quella per via sublinguale, in analogia a quanto accade per l'allergia respiratoria; essa consiste nella somministrazione per via sublinguale di dosi progressivamente crescenti di lattice che il paziente continuerà ad assumere come mantenimento 3 volte alla settimana (indossando inoltre guanti di lattice 1/2 ora al giorno). I pazienti sottoposti a desensibilizzazione tornano ad usare i prodotti contenenti lattice senza problemi. Ciò è particolarmente importante per gli operatori sanitari che possono essere così reintegrati al lavoro. Inoltre questi pazienti possono essere sottoposti ad interventi chirurgici anche in sale non latex-safe e alcuni di loro tornano a mangiare alcuni degli alimenti che non tolleravano.

L'allergia ai farmaci

I disturbi legati a reazioni avverse a farmaci possono essere ascrivibili ad effetti tossici del farmaco come sovradosaggio, effetti secondari, interazioni farmacologiche, idiosincrasia (si possono manifestare in ogni soggetto dopo aver assunto una dose elevata del farmaco, sono frequenti e spesso di modesta gravità) o ad ipersensibilità, allergica o pseudoallergica (sono imprevedibili, possono essere anche molto gravi e si manifestano in soggetti predisposti).
Il termine “allergia a farmaci” dovrebbe essere utilizzato soltanto per descrivere le reazioni avverse immuno–mediate (un gruppo consistente di queste reazioni è causato dalle penicilline; anche in tale ambito il Servizio di Allergologia del Policlinico Gemelli ha acquisito notevole esperienza).
Il termine di “reazione pseudoallergica” (o intolleranza) indica quelle reazioni che simulano l'allergia nelle loro manifestazioni, ma non riconoscono alla base l'attivazione del sistema immunitario (ad esempio le reazioni avverse all'acido acetilsalicilico).
Spesso in questi pazienti le manifestazioni allergosimili si presentano dopo l'assunzione non di un solo tipo di farmaco bensì dopo la somministrazione (in varie occasioni) di farmaci differenti; quando legate alla somministrazione di almeno tre farmaci, in momenti diversi, e non correlabili tra loro dal punto di vista chimico, antigenico e farmacologico si parla di sindrome da intolleranza polimedicamentosa (che per definizione si caratterizza per un esame allergologico negativo) .
Le reazioni pseudoallergiche sono molto più frequenti delle reazioni allergiche vere e proprie.
I sintomi provocati da una reazione avversa a farmaci sono estremamente variegati e possono interessare ogni organo o apparato (anafilassi, asma, orticaria, ecc.).
La gestione di un paziente con storia suggestiva di allergia/intolleranza farmacologica prevede innanzitutto un'anamnesi approfondita: il farmaco (o i farmaci) responsabile della reazione (o delle reazioni), la modalità di assunzione, il tempo intercorso fra l'assunzione del farmaco e l'insorgenza di sintomi, successive riassunzioni e la tipologia dei farmaci tollerati rappresentano la pietra miliare per la messa a punto di un idoneo iter – diagnostico terapeutico (cutireazioni, patch test, quando disponibile RAST e, in casi particolari, test di provocazione specifico).
Nel caso in cui il farmaco sia stato individuato occorre evitare lo stesso e i farmaci che possano cross–reagire con esso, selezionare farmaci alternativi da somministrare al paziente e in alcuni casi associare una premedicazione antireattiva; è necessario che gli accertamenti ed i test per i farmaci siano eseguiti da personale specialistico in ambienti protetti dati i rischi potenziali connessi alle procedure allergologiche.



L'allergia e l'intolleranza alimentare

L'allergia alimentare
Le reazioni avverse ad alimenti si possono distinguere in tossiche e da ipersensibilità; queste ultime, campo di interesse dello specialista allergologo, possono a loro volta essere suddivise in allergie (sono reazioni immunomediate) e intolleranze (sono coinvolti diversi meccanismi ma non quello immunologico).
L'allergia ha un'incidenza del 6-8% in età pediatrica e lo 0,5-1% in età adulta.
Qualsiasi alimento può essere responsabile di un’allergia alimentare; quelli più frequentemente coinvolti sono riportati nella tabella sottostante:


Le reazioni allergiche insorgono generalmente entro pochi minuti dall’ingestione dell’alimento.
Le reazioni allergiche possono essere inquadrabili nei seguenti quadri clinici:


La diagnosi di allergia alimentare può essere posta solo dopo un preciso iter diagnostico: un'accurata raccolta della storia e l'esame obiettivo; i test cutanei (prick test e prick by prick); il RAST; le diete di esclusione; il test di provocazione orale eseguito con l'alimento incriminato (quest'ultimo test va eseguito in ambiente ospedaliero, da personale medico esperto, per la possibilità che si verifichino reazioni anche gravi).
La terapia dell'allergia alimentare prevede innanzitutto l' esclusione dalla dieta dell'alimento verso cui il paziente è allergico.
La terapia farmacologica è utile in fase acuta e prevede l'uso di antistaminici, cortisonici ed eventualmente adrenalina; l'uso, a scopo profilattico, di antistaminici e stabilizzanti di membrana quali il sodio dicromoglicato può servire a mitigare ma non ad evitare i disturbi.
L'unica possibile soluzione risulta essere la terapia desensibilizzante specifica per via orale, che si effettua somministrando dosi crescenti dell'alimento verso cui il paziente è allergico, secondo schemi standardizzati, fino a raggiungere la tolleranza di una quantità pari ad un introito medio giornaliero. In questo campo il Servizio di Allergologia del Policlinico Gemelli ha acquisito nel corso degli anni particolare esperienza ed è per questo conosciuto in Italia e all'estero (centro leader nel settore).


L'intolleranza alimentare

Le intolleranze alimentari sono caratterizzate dalla negatività dell'esame allergologico e possono essere causate da un deficit enzimatico (ad esempio l'intolleranza al lattosio o il favismo), da una contaminazione batterica del tenue, da un rallentato transito intestinale o il meccanismo patogenetico può rimanere sconosciuto.
I disturbi lamentati dal paziente sono i più vari, anche se prevalentemente a carico della cute e del tratto gastroenterico (difficoltà a digerire, nausea, vomito, dolori addominali, diarrea). Rari sono i casi di reazioni anafilattiche.
La diagnosi di intolleranza alimentare è essenzialmente una diagnosi di esclusione. L'unica strada perseguibile è quella di effettuare delle diete povere di alimenti allergizzanti per individuare gli alimenti cui si può essere intolleranti.
Una volta dimostrata con certezza la responsabilità di un alimento è possibile, anche nei casi di intolleranza alimentare, procedere ad un trattamento desensibilizzante specifico di fronte a disturbi severi causati dall'ingestione dell'alimento stesso. Nel caso dell'intolleranza la lattosio è possibile somministrare delle compresse contenti l'enzima che digerisce il lattosio (la lattasi) prima dell'assunzione del latte.

Poliposi nasale e intolleranza ai farmaci FANS

I polipi nasali sono neoformazioni della cavità nasale, a prevalente componente infiammatoria, che originano generalmente dai seni nasali mascellari o da quelli etmoidali e che, occupando le fosse nasali, creano un ostacolo al flusso aereo nasale.
In genere i pazienti lamentano:
secrezione nasale e prurito al naso (possono precedere la formazione di polipi anche di alcuni anni),
ostruzione nasale perenne, che non migliora dopo essersi soffiati il naso,
iposmia o anosmia (diminuzione/assenza dell'olfatto),
disgeusia (alterazione del gusto).
L' origine dei polipi sembra essere dovuta ad uno stimolo infiammatorio che perdura nel tempo; cause di questa patologia sono quindi tutte quelle situazioni, patologiche e non, che causano un alterato flusso dell'aria nel naso e/o che sono responsabili di un'infiammazione che si mantiene nel tempo.
In alcuni casi la poliposi nasale è associata anche a fenomeni di reazioni avverse (comparsa di angioedema, orticaria, rinite e asma) in seguito all'assunzione di acido acetilsalicilico e di altri FANS.
Le reazioni avverse all'acido acetilsalicilico (ed a altri FANS) sono più frequenti in caso di poliposi nasale (circa il 30%); questo dato induce a sconsigliare l'utilizzo dei FANS nei pazienti polipotici.
La patogenesi di queste reazioni avverse non è ancora del tutto chiara, anche se sono stati ipotizzati diversi meccanismi; rare sono le reazioni allergiche vere: molto comuni quelle di tipo chimico­metabolica.
Vi sono inoltre alcuni pazienti con poliposi nasale che presentano intolleranza ai FANS e asma: questa sindrome viene oggi definita “malattia da acido acetilsalicilico” o “triade da acido acetilsalicilico”; l'asma bronchiale è nella gran parte dei casi di tipo intrinseco (cioè di tipo non allergico).
La storia naturale della malattia da acido acetilsalicilico parte da una pluriennale rinite vasomotoria che si complica prima con l'asma bronchiale e poi con la poliposi nasale; infine, per ultima, compare l'intolleranza all'acido acetilsalicilico.
Obiettivi della terapia della poliposi nasale sono ristabilire una buona ventilazione naso-sinusale, cercare di prevenire le recidive, ridurre la rinite e ristabilire l'odorato. Per ristabilire una buona ventilazione in caso di polipo si può effettuare una polipectomia chirurgica (asportazione dei polipi naso-sinusali per via trans-mascellare, trans-nasale o per via endoscopica) o una polipectomia medica (ottenuta mediante somministrazione di corticosteroidi orali o per via intramuscolare).
In complesso però si può affermare che i polipi nasali recidivano in 1-5 anni dal 10% a più del 60%.

Presso il nostro Servizio già da diversi anni si utilizza con ottimi risultati l'acetilsalicilato di lisina per via inalatoria per prevenire la ricomparsa dei polipi nasali nei pazienti operati o per inibire la loro crescita nei pazienti non operati.

Allergia al veleno di imenotteri

Gli imenotteri sono l'ordine di insetti con maggior impatto allergologico.
Le famiglie più importanti sono:


Gli apidi hanno un pungiglione a sega: esso rimane conficcato nella sede della puntura e l'animale allentandosi si eviscera e muore.
I vespidi hanno un pungiglione liscio e possono pungere più volte.
Gli “elementi” responsabili delle reazioni allergiche contenuti nel veleno di imenotteri sono proteine (es. mellitina) ed enzimi (es. fosfolipasi), mentre le amine vasoattive (istamina, serotonina) sono responsabili di reazioni irritative locali in tutti gli individui.
Le reazioni allergiche danno luogo a reazioni sistemiche che vanno dall'orticaria, all'asma bronchiale fino allo shock anafilattico. Il paziente deve essere indirizzato dall'allergologo specialista se dopo la puntura di uno di questi insetti ha presentato una reazione che non sia stata esclusivamente locale.


La diagnosi si basa sull'anamnesi , sull'impiego di test cutanei con estratti purificati di veleno di imenotteri e sulla ricerca delle IgE specifiche nel sangue.
La terapia si basa su consigli utili ad evitare le punture di insetti, su un “kit di pronto soccorso” (antistaminico, cortisonico e adrenalina) che il paziente deve portare sempre con sé ed utilizzare nel caso sia punto dall'insetto, ma la terapia causale è la desensibilizzazione.
I candidati sono quei pazienti che dopo la puntura di insetti hanno presentato reazioni sistemiche gravi (anafilassi, edema della glottide, asma, perdita di coscienza) o reazioni sistemiche non gravi (orticaria) ma a rischio (ad esempio contadini o apicoltori) e in cui l'esame allergologico è risultato positivo.

Presso il Servizio di Allergologia del Policlinico Gemelli si effettua il trattamento desensibilizzante in 2 ore e 30 minuti (metodo ultra – rush); il trattamento deve essere proseguito per almeno 5 anni (con una iniezione al mese).

Allergia sistemica al nichel solfato

L'allergia al nichel solfato è la più comune allergia da contatto ed è in costante aumento soprattutto nei paesi industrializzati. Il nichel è un metallo ubiquitario, contenuto in una serie di accessori ed utensili di quotidiano utilizzo (orecchini, occhiali, monete, bottoni, utensili da cucina, etc.).
Dagli anni '30, con l'incremento nell'utilizzo di gioielli di bigiotteria ed altri oggetti personali, che rilasciano questo metallo, l'allergia al nichel ha soprattutto interessato le giovani donne.
Attualmente la prevalenza di questa allergia è stimata nella popolazione generale intorno al 10-15% con punte fino al 20% nelle donne e al 4-7% negli uomini, residenti nei paesi industrializzati.
Un meccanismo immunologico di tipo cellulo-mediato è implicato nella genesi dell'allergia da contatto al nichel solfato; la diagnosi di questa allergia si fonda, infatti, oltre che sulla storia clinica soprattutto sull'applicazione del patch test con solfato di nichel.
Negli ultimi anni sono state segnalate manifestazioni cliniche provocate dall'allergia al nichel diverse da quelle da contatto. Un'esposizione al nichel può avvenire attraverso l'ingestione di alimenti contenenti nichel, soprattutto vegetali, che rappresentano la fonte più importante di questo metallo nella dieta.
Quando alla dermatite da contatto si associano disturbi sistemici si parla di allergia sistemica al nichel solfato:

La diagnosi di tale forma morbosa prevede la dimostrazione della sensibilizzazione al nichel attraverso patch test, la dimostrazione della responsabilità del nichel come causa dei sintomi sistemici attraverso una dieta di esclusione di alimenti contenenti nichel (da seguire per almeno 4 settimane), la valutazione del beneficio apportato dalla dieta e la ricomparsa dei sintomi dopo test di provocazione orale al nichel solfato.
I pazienti con effetti favorevoli dalla dieta povera di nickel e test di provocazione positivo possono beneficiare della terapia desensibilizzante specifica (che fu proposta dal nostro Servizio già negli anni novanta) che nell'arco di circa 10 mesi consente ai pazienti di reintrodurre senza danno nella loro dieta gli alimenti ricchi di nickel.

Orticaria cronica

L'orticaria è una delle dermatiti più comuni (si stima che il 20% della popolazione generale presenti almeno un episodio di orticaria acuta nella vita) ed è caratterizzata clinicamente dalla comparsa di pomfi di colore variabile, dal rosso al bianco, di forma, sede ed estensioni variabili, quasi sempre accompagnati da prurito e da angioedema.
Caratteristica dei pomfi è di essere temporanei: persistono in genere meno di 48 ore, ma possono regredire completamente anche pochi minuti dopo la loro comparsa senza lasciare esiti. Possono eventualmente residuare lesioni da grattamento. Viene divisa in base ad un criterio temporale in acuta (durata <> 6 settimane).
L'orticaria cronica è caratterizzata da fasi di remissione e riaccensione che si alternano in modo imprevedibile per mesi o anni.
Le cause scatenanti dell'orticaria possono essere molteplici, ma comunque riconducibili a meccanismi immunologici (Ig-E mediati, cellulo-mediati, complemento mediati) e non immunologici (da degranulazione mastocitaria diretta, da attivazione non immunologica del complemento, da attivazione del sistema delle chinine, da alterato metabolismo dell'acido arachidonico, da agenti fisici).
In alcuni casi di orticaria cronica si riscontra alla base una causa internistica. Si possono ricordare, a proposito, focolai infettivi ad andamento cronico a livello polmonare, dentario, gastrointestinale, ecc. presenza di parassiti nel tratto gastrointestinale, infezione da Helicobacter Pylori, tiroiditi e altre malattie autoimmuni.
L' orticaria cronica idiopatica (senza causa dimostrabile) è la forma più frequente ed è una sindrome multifattoriale; possono essere coinvolti uno o più fattori eziologici (farmaci, alimenti, additivi, microrganismi, inalanti, malattie internistiche e fattori psichici) che raramente giustificano completamente il decorso e pertanto vanno considerati fattori associati o aggravanti più che veri fattori causali.
I farmaci sono una causa frequente di orticaria: ricordiamo la penicillina, l'acido acetilsalicilico e altri FANS (i FANS possono provocare delle riacutizzazioni in pazienti con orticaria cronica sostenuta da altri agenti).
Gli alimenti possono causare orticaria sia con un meccanismo allergico, sia attraverso metalli contenuti (come il nichel), sia attraverso la liberazione diretta di istamina (fig. 27), sia attraverso gli additivi (tartrazina, bisolfiti, sodio benzoato, etc.).

ALIMENTI RICCHI E/O LIBERATORI DI ISTAMINA E TIRAMINA:
ALBUME D'UOVO
FRAGOLE, AGRUMI, MELONE, BANANE
NOCI, NOCCIOLE, CIOCCOLATA
LEGUMI (piselli, ceci, fave, fagioli)
FEGATO DI UCCELLI, CARNE DI MAIALE
POMODORO (fresco e/o in conserva), SPINACI
FORMAGGI FERMENTATI (grana, gruviera, gorgonzola, pecorino, provolone forte)
PESCE FRESCO E/O CONSERVATO (soprattutto: tonno, sardine, solmone, acciughe, aringh)
SALUMI E INSACCATI
CROSTACEI E FRUTTI DI MARE
DADI PER BRODO
ALIMENTI FERMENTATI E/O CONSERVATI (tonno in scatola, piselli in scatola, ecc.)
COCA-COLA, VINO (soprattutto quello rosso), BIRRA

Per la diagnosi, accanto allo studio allergologico vero e proprio (cutireazioni e patch test con allergeni comuni e con sostanze chimiche e metalli, ricerca delle IgE specifiche nel sangue, PRIST, proteina cationica degli eosinofili, triptasi, dosaggio del Cl inibitore- test di provocazione) va effettuata una valutazione internistica con studio delle patologie focali, patologie autoimmuni, malattie infettive.
Per quanto riguarda il trattamento dell'orticaria cronica spesso è sufficiente trattare la causa scatenante. Quando non è possibile individuare una causa scatenante va eseguita una dieta rigorosa povera di alimenti allergizzanti o ricchi di istamina.
Nelle forme resistenti possiamo avvalerci di terapia sintomatica (soprattutto utile nell'attacco acuto) antistaminica, cortisonica, antileucotrienica; raramente è necessario intraprendere una terapia con cortisonici ad alte dosi o ciclosporina.

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